Il bollettino interno informativo di VIVANT Anno 26 Numero 208 dicembre 2019
In un batter d’occhio, dopo Natale e Capodanno, ci troviamo all’Epifania, e incontriamo tre personaggi simpatici: i Re Magi. Ecco che cosa dice di loro il Catechismo: In questi «magi», che rappresentano le religioni pagane circostanti, il Vangelo vede le primizie delle nazioni che nell’incarnazione accolgono la Buona Novella della salvezza. L’epifania è la manifestazione di Gesù come Messia d’Israele, Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Insieme con il battesimo di Gesù nel Giordano e con le nozze di Cana, essa celebra l’adorazione di Gesù da parte dei «magi» venuti dall’oriente. La venuta dei magi a Gerusalemme per adorare il re dei Giudei mostra che essi, alla luce messianica della stella di Davide, cercano in Israele colui che sarà il re delle nazioni. La loro venuta sta a significare che i pagani non possono riconoscere Gesù e adorarlo come Figlio di Dio e Salvatore del mondo se non volgendosi ai Giudei e ricevendo da loro la Promessa messianica quale è contenuta nell’Antico Testamento. L’epifania manifesta che «la grande massa delle genti» entra nella famiglia dei patriarchi e ottiene la «dignità Israelitica». Ma chi erano, storicamente, i Re Magi? Ci pare giusto che VIVANT se ne occupi… Non erano re, non è detto che fossero tre e certamente non seguirono una cometa. Che venissero dalla Persia o dalla Mesopotamia è solo un’ipotesi; che si chiamassero Melchiorre, Baldassarre e Gaspare una leggenda; che uno di loro fosse di pelle nera, una fantasiosa invenzione. Benché siano citati da un solo
Vangelo su quattro (Matteo), che dedica loro dodici versetti in tutto (2: 1-12), l’aneddoto che li riguarda è uno dei più popolari (e falsificati) della storia sacra. Ma allora, i Magi sono davvero esistiti? Se usiamo la “m” minuscola, la risposta è sì. Fuori dal vangelo, infatti, i magi erano i sacerdoti dei Medi, avi degli attuali Curdi: un popolo montanaro che nel VI secolo a. C. fu sottomesso dai Persiani. Il greco Erodoto dice che interpretavano i sogni e studiavano gli astri. Che dio adorassero in origine, non è chiaro; ma in tempi storici praticavano il mazdeismo, religione che aveva il suo profeta in Zoroastro e il suo simbolo nel fuoco. Di certo, però, quegli astronomi-indovini-sacerdoti non furono mai re. O meglio: un’eccezione alla regola ci fu, nel 522-521 a. C., quando uno strano mago, donnaiolo e mutilato delle orecchie, tale Smerdi àlias Gaumata, scippò il trono e l’harem a re Cambise II, assente da casa, cercando poi consensi al golpe col metodo più vecchio del mondo, cioè abbattendo le tasse. Narra Erodoto: “Mandò qua e là a ogni popolo sotto il suo dominio a proclamare che concedeva l’esenzione dal servizio militare e dai tributi per tre anni”. Quell’unico “re magio” della Storia non poté mantenere la promessa, perché durò solo 7 mesi; poi finì decapitato. Non lo imitò più nessuno, anche perché contro i magi scattarono persecuzioni. Ma ai tempi di Gesù tutto ciò era preistoria: l’Impero persiano era finito da un pezzo e i magi avevano ripreso i loro riti e i loro studi astronomici; avevano quindi tutti i titoli per fare da protagonisti in un racconto “magico” come quello a noi noto. ll testo di Matteo è però attendibile? Gli storici sono scettici. «Tutto lascia pensare» osserva Mauro Pesce, docente di Storia del cristianesimo a Bologna «che la vicenda dei Magi sia solo un artificio letterario-propagandistico. Matteo scrisse intorno all’anno 80, quando la nuova religione si stava diffondendo fuori dalla Palestina. Probabilmente il suo vangelo volle lanciare un messaggio ai non-Ebrei, dicendo che Gesù si era rivelato anche e soprattutto a loro: infatti per gli Ebrei i magi erano “gentili”, cioè pagani; eppure, secondo Matteo, seppero dell’arrivo del Messia prima del clero di Gerusalemme». Sulla storia dei Magi grava almeno un dubbio: intorno all’Anno Uno nessuna cometa visibile a occhio nudo si avvicinò alla Terra. L’assenza di “stelle con la coda”, invece, è un dato certo. Secondo calcoli moderni, infatti, la cometa di Halley, la più brillante fra quelle che hanno un periodo di rivoluzione breve, apparve nell’87 e nel 12 a. C., per tornare solo nel 66 d. C., quindi fuori dall’arco di tempo utile. Intorno all’Anno Uno passò invece la cometa di Encke, ma non era visibile a occhio nudo. E infatti nessuno la notò. Si è pensato anche a una possibile cometa irregolare, ma ricerche nei testi laici antichi non hanno portato a trovare citazioni dell’astro. È l’addio definitivo alla credibilità della storia dei Magi? No, perché la “cometa di Gesù” è un falso che prese piede solo nel Medioevo. A ufficializzarlo non fu un teologo ma un pittore, Giotto, che in un affresco a Padova abbinò i Magi a un astro con la coda. «Quando dipinse la stella di Betlemme» osserva Roberta Oslon, studiosa di storia dell’arte «la rese come una cometa, che aveva osservato realmente anni prima». Infatti l’affresco è del 1303 circa, e Halley passò nel 1301. Ma Giotto prendeva un abbaglio, perché nessuno dei testi antichi ha mai abbinato i “Tre Re” a una cometa. Matteo parla genericamente di una stella, ovviamente anomala, visibile in due tempi distinti: prima durante il viaggio dei Magi verso Gerusalemme, poi durante il trasferimento a Betlemme. E Giacomo riferisce di “una stella grandissima, che brillava tra gli altri astri e li oscurava, tanto che le stelle non si vedevano più”. Lo Pseudo-Matteo si allinea, parlando di “un’enorme stella […] la cui grandezza non si era mai vista dall’origine del mondo”. Dunque a che astro alludevano i testi antichi? «Il fenomeno astronomico più probabile» risponde Corrado Lamberti, direttore della rivista Le Stelle «è una congiunzione Giove-Saturno che ebbe luogo nel 7 a. C.: quell’anno i due pianeti si trovarono nel cielo uno vicino all’altro per ben tre volte. La tesi ha una certa credibilità, anche perché sono state trovate effemeridi babilonesi (tavolette col calcolo dei movimenti degli astri) relative all’evento, segno che al fenomeno si accordò notevole importanza». La teoria non è recente: a formularla fu l’astronomo tedesco Johannes Kepler. Nel 1603 osservò una congiunzione fra pianeti, che abbinati sembravano un’enorme stella. Colpito, calcolò se il fenomeno poteva essersi verificato anche nell’Anno Uno: concluse di no, ma scoprì che una congiunzione c’era stata più volte nel 7 a. C. Scrisse perciò un trattato (De anno natali Christi) in cui sosteneva che la data di nascita di Gesù andava anticipata. Può sembrare una conclusione eccessiva, ma in effetti il nostro calendario sbaglia. L’errore risale a un monaco del VI secolo, Dionigi il Piccolo, che inaugurò l’uso di contare gli anni dalla nascita di Gesù, ma partì da una data posteriore a quella vera. Oggi si dà per certo che Cristo, paradossalmente, nacque avanti Cristo: minimo 4 anni, massimo 8. Stando così le cose, tre fatti appaiono certi: che intorno all’anno della nascita di Gesù ci fu davvero una “stella” anomala; che questo astro apparve più volte a intermittenza, come dice Matteo; e che certi astronomi orientali (“magi”) l’avevano notato, come provano le effemeridi di cui parla Lamberti.